Divergenza e convergenza
La decisione è solo l’ultimo passo di un processo ben più complesso e non lineare: prendo in prestito uno schema proposto da Sam Kaner in questo libro come mappa per orientarsi.
Quando un gruppo affronta un nuovo tema di discussione, la prima fase è divergente: gradualmente emergono punti di vista e proposte diversi che (se ci sono le giuste condizioni) vanno oltre i territori familiari ed esplorano possibilità creative. Nel migliore dei mondi possibili, dopo la fase di divergenza, si va verso la fase di convergenza, dove si organizzano e valutano le idee emerse per selezionare la migliore proposta, che si decide alla fine di adottare.
A un certo punto inizieranno ad emergere punti di vista diversi. Come gruppo ci troviamo davanti allora alla difficoltà di integrarli: “stiamo perdendo tempo”, “non capisco più cosa sta succedendo”, “non stiamo andando da nessuna parte”. Per arrivare alla fase della convergenza, il gruppo deve attraversare terre inospitali: la “zona delle lamentele” (groan zone in inglese).
Cosa accade di solito
Spesso quello che accade quando dobbiamo prendere una decisione in gruppo è che in questa terra di mezzo tra divergenza e convergenza emergono alcune situazioni disfunzionali. Ecco un piccolo campionario!
- Il gruppo può sentire stanchezza e frustrazione. C’è confusione e vogliamo farla finita una volta per tutte, soprattutto quando per l’ennesima volta una mano si alza per sollevare un’obiezione…
- Possiamo arenarci in polemiche e dibattiti dove ognuno rimane arroccato sulla propria posizione. Questo non porta a un’evoluzione della proposta, ma a mettere in atto strategie più o meno sottili per prevalere.
- Può succedere che ci siano all’opera dinamiche di potere, che a volte possono anche non essere esplicite. Così una parte avrà un peso maggiore nel guidare verso una convergenza, anche se sulla carta tutti i membri del gruppo hanno lo stesso potere decisionale;
- Questo, a sua volta, può portare a conflitti tra maggioranza e minoranza, si creano alleanze e fazioni oppure, al contrario, può portare a una scarsa partecipazione, a un senso di impotenza e di apatia: perché partecipare, se so già che la mia voce non verrà ascoltata?
Decisioni sostenute da tutto il gruppo
La “zona della lamentela” non è certo un posto piacevole dove stare. Forse è anche per questo che volte si tende a voler arrivare a una decisione il più presto possibile, per poi passare subito all’azione, considerando tutto il resto come una perdita di tempo.
Certo, occorre usare bene il tempo del gruppo, ma se rimangono voci contrarie non ascoltate, preoccupazioni od obiezioni irrisolte, queste emergeranno nuovamente non appena se ne presenterà l’occasione: la decisione non è sostenuta dall’intero gruppo, si verificano tentativi di sabotaggio, di bloccare la decisione; oppure semplicemente viene messa in un cassetto e dimenticata, perché nessuna/o si sente coinvolto a sufficienza da metterla in pratica.
Tutte queste dinamiche fin troppo conosciute fanno sì che spesso le decisioni che prendiamo non siano le migliori possibili: in fondo pensiamo che se c’è qualcuno che vince, qualcun altro deve necessariamente perdere. Potremmo invece fare appello all’intelligenza collettiva per trovare soluzioni dove tutti e tutte vincono – e che sono sostenute dall’intero gruppo.
Ma per arrivarci dobbiamo attraversare la “zona della lamentela”. La buona notizia è che assieme alle sfide qui possiamo trovare tesori inaspettati: nascosti sotto forma di malumori e conflitti ci sono informazioni preziose per rendere la decisione ancora migliore e condivisa. Aiuta molto procurarsi una bussola e un’esperta timoniera (o timoniere) per orientarsi in acque tempestose – e sì, allenare la fiducia, la pazienza e il coraggio di affrontare il mare aperto.
5 suggerimenti per il processo decisionale
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È importante chiarire quale fase del processo decisionale state affrontando. State generando ed esplorando diverse alternative (divergenza)? State valutando le proposte in base a dei criteri chiari per decidere quale sia la migliore (convergenza)? Oppure vi sentite impantanati nella zona delle lamentele?
- Aiuta molto anche tenere il momento dell’esplorazione chiaramente e saldamente separato da quello della decisione: darsi il tempo di moltiplicare le opzioni, di giocare con domande generative: “cosa succederebbe se…?. È importante assicurarsi che tutte e tutti nel gruppo abbiano ben presente che in questo momento non stiamo decidendo ancora nulla.
- Costruire nel tempo una cultura di gruppo basata sull’ascolto attivo, l’esplorazione delle emozioni e la trasformazione dei conflitti che inevitabilmente spunteranno fuori. Così attraversiamo la groan zone sapendo che condividiamo strumenti per non perderci, ma per imparare dall’esperienza.
- Costruire nel tempo altri punti fermi che sono come ancore nei momenti di difficoltà: una visione chiara e condivisa, accordi di base su processo e metodo decisionale; e poi coltivare la trasparenza e condividere le informazioni.
- Infine, una cosa che alleggerisce moltissimo la presa di decisioni è ricordare sempre che non dobbiamo per forza prendere LA decisione della vita, da scolpire nella pietra per l’eternità: come gruppo possiamo darci il permesso di sperimentare la decisione per un certo tempo e poi verificare se occorre aggiustare il tiro. Il mantra di questo approccio? Abbastanza buono per adesso, abbastanza sicuro da provare.
Mi chiamo Martina e sono una facilitatrice: accompagno il tuo gruppo o la tua organizzazione a tirare fuori il meglio di sé e a mettere in pratica nuovi modelli per lavorare insieme.