Dice Aristotele che la filosofia nasce dalla meraviglia e che dalla meraviglia nascono le domande sul senso della vita e dell’universo. 

I bambini fanno una quantità di domande impressionante, ma appena iniziano ad andare a scuola questo numero cala drasticamente: in questo contesto diventa forse più facile focalizzarsi sulle risposte invece che sulle domande, sulla nozione che serve a compilare correttamente un questionario o prendere un buon voto nell’interrogazione. In effetti quando insegnavo matematica una delle domande più frequenti era: “ma questo lo mette in verifica, prof?” (e confesso di averlo fatto anche io quando ero studentessa!).

Un tipo di forma mentis che ci spinge a cercare la “ricetta tappabuchi” che promette di risolvere qualsiasi problema in poco tempo. In qualche caso può funzionare bene, ma in un mondo sempre più volatile, incerto, complesso e ambiguo (in una parola, VUCA) non possiamo permetterci che questo sia l’unico nostro modo di pensare.

Al contrario, riconoscere di “non sapere” – anche se può metterci a disagio – ci apre alla possibilità di capire più a fondo diverse prospettive e sfumature.

Di cosa c’è bisogno per farlo davvero? Innanzitutto di un contesto sicuro dove, come persone e gruppi, vivere questo “non sapere”, esplorando, facendo errori e imparando dall’esperienza. E poi esercitarsi a trovare quelle domande chiave che aiutano a orientarsi in questo territorio.

Idee per domande generative

Formulare domande generative è un’arte. Come facciamo a sapere che stiamo ponendo la domanda giusta? Siamo sulla buona strada se:

riguarda un tema vivo e che sta a cuore alle persone
stimola la curiosità
genera altre domande
rimane viva nel tempo, se viaggia all’interno di una organizzazione e continua ad essere discussa, arricchendosi sempre più.

Ecco alcune idee pratiche per formulare domande generative:

  • Domande aperte: Domande significative sono spesso aperte: iniziano con Perché? come? cosa?

    Al contrario le domande chiuse o con una risposta precisa possono essere meno generative, ad esempio se iniziamo con Chi? Quando? Dove?, oppure quando è possibile rispondere solo con un sì o con un no.

    Alcuni esempi:

    Sei soddisfatto di come vengono gestite le riunioni nel tuo gruppo? (Sì / No)
    Quando sei stato soddisfatto delle riunioni?
    Cosa rende le riunioni soddisfacenti per te?
    Perché credi che le riunioni a cui partecipi abbiano elementi soddisfacenti e altri meno?

 

  • Ampie il giusto: Buone domande sono anche quelle che hanno una portata né troppo grande da essere vaghe e difficili da definire, né troppo piccole da mancare di quell’elemento di sfida che crea interesse e curiosità.

    Ad esempio:

    Come facilitare la riunione di oggi?
    Come facilitare la riorganizzazione della nostra azienda?
    Come introdurre la facilitazione nel mondo?

 

  • Sfida il sistema di credenze: Quali sono le ipotesi, i credo che influiscono in una certa situazione? Le domande che sovvertono il contesto in cui ci muoviamo abitualmente (e che diamo per scontato), ci fanno uscire dalle cornici di cui siamo parte, come direbbe Marianella Sclavi.

E se… vi faceste queste domande?

Cosa è importante per te e in questa situazione e perché?

Cosa intendi quando dici … ?

Com’è per te questa situazione?

Cosa ti spinge a fare … ? 

Cosa dovrebbe succedere per farti sentire al 100% soddisfatt@?

Cosa direbbe qualcun@ che ha un punto di vista opposto al nostro?

Come sarebbe la situazione se avessimo un sistema di credenze completamente diverso?

Perché credo in ciò in cui credo?

Perché siamo in questa situazione?

In quali altri modi potrebbe essere strutturata una buona [scuola, organizzazione…]?

Qual è la possibilità che vediamo in questa situazione?

A cosa non abbiamo ancora pensato?

Quali sono le domande chiave che ci dovremmo porre per fare la differenza per il futuro del progetto?

Cosa ti ha sorpreso? Cosa ti ha messo alla prova? Cosa sta emergendo? Quali connessioni stiamo facendo?