I tre livelli della realtà
Ci sono diversi modelli che ci aiutano a comprendere le dinamiche che si verificano in un gruppo. Naturalmente, quando utilizziamo un modello dobbiamo ricordare che stiamo leggendo il mondo attraverso una lente che può distorcere o farci perdere dei pezzi per strada. Ma è utile avere delle mappe per orientarci.
Un modello secondo me utile per leggere ciò che accade nei gruppi è quello dei tre livelli della realtà. È un modello presente in diversi approcci e metodologie, anche se con sfumature diverse. Per questo post, faccio riferimento a come viene presentato nell’Arte del Processo, dove i tre livelli sono chiamati, con un linguaggio molto evocativo, la realtà del consenso, la terra del sogno e l’essenza.
A ognuno di questi livelli si accompagnano stili di facilitazione diversi che ho immaginato rappresentati da tre personaggi a servizio di un gruppo.
La facilitatrice ingegnera
La realtà del consenso è la realtà tangibile e misurabile e si chiama così perché c’è un consenso maggioritario su alcune assunzioni di base: che un’ora duri 60 minuti è dato per assodato, cosi come il fatto che la Terra giri attorno al sole. Questo consenso può variare a seconda dell’epoca storica e in base alla cultura di appartenenza.
La realtà del consenso ha a che fare con la struttura che il gruppo si dà. Si manifesta attraverso le regole di base, il processo decisionale, la gestione del tempo e delle riunioni, l’assegnazione di compiti, il monitoraggio del processo e dei risultati raggiunti.
Il facilitatore nella realtà del consenso è come un ingegnere che crea processi fluidi ed efficienti, chiari ed espliciti, e sostiene il gruppo nel darsi la necessaria struttura per fare del proprio meglio e non disperdersi.
A questo livello della facilitazione ci sono per esempio accordi di base, gestione riunioni, piani d’azione collettivi, analisi degli scenari, backcasting…
Il facilitatore palombaro
La terra del sogno è il reame delle emozioni, dei vissuti soggettivi; è dove troviamo il senso di appartenenza e identità, ma anche resistenza al cambiamento, conflitti e dinamiche di potere.
Nella Terra del Sogno la facilitatrice è un palombaro che accompagna il gruppo a esplorare le misteriose profondità marine per portare alla luce tesori nascosti: le voci che nel gruppo (o in noi stessi) non vengono ascoltate portano con sé informazioni preziose.
È solo esplorando le emozioni, i bisogni, le relazioni che possiamo arrivare a una comprensione più completa delle dinamiche presenti nel gruppo: spesso una questione che si manifesta nella “realtà del consenso” ha le sue radici nella Terra del sogno.
Il facilitatore palombaro porta con sé diversi strumenti come l’Arte del processo, la comunicazione empatica, l’ascolto attivo e vari approcci alla trasformazione dei conflitti.
La facilitatrice astronauta
L’essenza è un livello senza tempo e non duale, in cui riusciamo a intuire la compresenza degli opposti e i paradossi.
Il facilitatore (o un gruppo) astronauta, guardando il nostro pianeta dallo spazio, ne vede la bellezza e le infinite contraddizioni – laceranti e dolorose quando camminiamo sulla Terra, ma in grado di coesistere in una sintesi misteriosa ma armonica.
È il momento in cui dal fuoco del conflitto raggiungiamo una risoluzione temporanea, in cui il gruppo intuisce che la propria diversità interna è fonte di ricchezza e apprendimento, in cui riusciamo a cogliere la sintesi tra posizioni opposte.
Non posso fare a meno di pensare a questo video di Carl Sagan, in cui una foto della Terra, scattata dalla sonda Voyager 1 dai confini del sistema solare, ci immerge in una prospettiva “da astronauta” sulla vita e su questo minuscolo puntino azzurro sospeso nell’universo.
L’Arte del processo, ma anche il Lavoro che Riconnette di Joanna Macy sono un paio di esempi tratti dalla cassetta degli attrezzi della facilitatrice astronauta.
Viaggiare da un livello all’altro
Un bravo facilitatore o facilitatrice sa viaggiare tra questi tre livelli e questi tre ruoli a seconda di quello che è necessario al gruppo, e sa che sono interconnessi, compresenti e si influenzano a vicenda.
Per esempio se agiamo sulla struttura del gruppo o sul processo decisionale perché sia più condiviso e inclusivo, allo stesso tempo stiamo intervenendo anche su temi legati alle dinamiche di potere. Oppure se miglioriamo la gestione delle riunioni, cambiamo anche la cultura del gruppo. Gli accordi di base parlano dell’identità e dei valori delle persone e se trasformiamo un conflitto ci saranno cambiamenti anche nel modo in cui il gruppo si organizza e si struttura.
Come appartenenti a un gruppo o come facilitatrici esterne, è interessante chiedersi a quale livello appartengono le dinamiche che di volta in volta accadono. Così avremo un riferimento per immaginare come intervenire – sempre tenendo le antenne alzate per cogliere se c’è qualche altro livello che chiama la nostra attenzione.
Alcune domande utili:
- Quale dei tre livelli è più presente? È un gruppo con molta struttura e molto orientato agli obiettivi? Oppure si privilegia la condivisione di emozioni e storie personali?
- Quali sono gli aspetti che il gruppo potrebbe aver bisogno di integrare?
- Ci sono dei segnali da cui intuiamo la presenza di un altro livello all’opera?
Ricorda sempre che queste necessità sono variabili nel tempo e a seconda del contesto. Stiamo facendo delle ipotesi, non interpretando, e che l’unico modo di verificarle è ascoltare il feedback del gruppo. L’obiettivo è integrare tutti e tre i livelli, perché non ce n’è uno più importante degli altri.
Mi chiamo Martina e sono una facilitatrice: accompagno il tuo gruppo o la tua organizzazione a tirare fuori il meglio di sé e a mettere in pratica nuovi modelli per lavorare insieme.
Grazie!! Bellissimo e ben scritto l’articolo e bellissimo quello che fai