(Qui la prima parte del racconto!)

Dopo 4 giorni passati nella comunità inizio a sentirmi a casa a México70. Per strada ci sono frotte di bambini e bambine che ci corrono incontro urlando “Tìa, tìa!”. Ogni volta ci chiedono di dire qualcosa nelle nostre lingue, il che causa degli attacchi di ridarella senza fine. La gente inizia a riconoscerci e spesso ci fermiamo a fare quattro chiacchiere… insomma, piano piano prendono forma le relazioni costruite nei primi giorni, durante i passi dello sguardo apprezzativo e dell’affetto.

 

A caccia di sogni

Il quinto giorno nella comunità usciamo a incontrare gli abitanti di México70 per parlare dei loro sogni. È un passo molto delicato: porta le persone ad aprirsi, spesso tocca rabbia e dolore, chiede di saper accogliere ed ascoltare. Sento tutte le limitazioni di non sapere il portoghese: faccio fatica ad esprimermi e vorrei poter parlare di più con le persone. Per fortuna, guerrieri e guerriere brasiliani sono traduttori meravigliosi! Intanto imparo a cavarmela e a comunicare anche senza usare le parole.

 

 

Con questo allenamento all’arte di arrangiarsi, arrivo a casa di Lisete insieme a Lerato ed Eduardo. È una delle conversazioni che mi ha colpito di più. È bastato chiedere: “qual è il tuo sogno per México70?” per condurci in un viaggio di esplorazione nel cuore di questa donna piena di energia. Abbiamo visto esplodere la rabbia per la politica assente e i giovani che finiscono a spacciare; il dolore per il nipote da poco morto, per l’incendio della sua baracca in cui ha perso tutto. Ci ha accolto in casa raccontandoci il desiderio che i giovani abbiano una vita diversa e più opportunità di suo nipote: c’è un centro comunitario, mai aperto, dove i ragazzi potrebbero imparare un mestiere. Poi ci ha mostrato sorridendo il pranzo che cuoceva sul fuoco e ci ha accompagnato a conoscere una sua amica. Non importa se mi sono persa metà di quello che diceva e se la traduzione era impossibile, tanto era veloce e concitato il suo parlare: mi è bastato osservare i suoi gesti e ascoltare il suo tono di voce. È stato un privilegio essere lì e vedere come tutto cambia quando dal dolore e la rabbia si approda al sogno. Si sentono pulsare l’energia e il desiderio, gli occhi brillano e Lisete sorride mentre immagina cosa potrebbe cambiare.

 

Al rientro al nostro campo base, Samantha e Jaana ci raccontano dei sogni di Valdineia.
– Se avessi dei superpoteri, cosa faresti per México70?
– Ucciderei tutti i trafficanti di droga che qui dettano legge.
– E se non potessi uccidere, cosa faresti?
– Pianterei il mio giardino di piante medicinali per prendermi cura delle persone della mia comunità.

 

Dal distruggere al creare. Dai problemi alla visione. Dall’impotenza all’empowerment, questa parola così difficile da tradurre che richiama un senso di potere che viene da dentro. Se ci focalizziamo sui problemi, al massimo possiamo aspirare ad aggiustarne qualcuno per avere un mondo migliore. Ma la visione, i sogni ci indirizzano verso il miglior mondo – e i problemi li risolveremo lungo il tragitto, con la bellezza, le risorse e i talenti che già sappiamo esserci in abbondanza nella comunità.

 

Dopo aver raccolto per due giorni i sogni della comunità, li abbiamo organizzati e mappati e ne abbiamo discusso durante un incontro aperto per iniziare a individuare i filoni principali: un parco giochi nella Quadra da Comporta, risistemare un’altra piazzetta, riaprire il centro comunitario.

Non sempre è semplice raccogliere sogni: se non stiamo attenti finiamo per dimenticarci di qualche gruppo sociale di México70 e parlare sempre con gli stessi. È un attimo cadere nella tentazione di “suggerire” quando le persone faticano ad esprimersi, influenzandole con le nostre personali preferenze, consce o inconsce. In più è difficile superare le resistenze delle persone: durante gli incontri in piazza finora i partecipanti sono per la maggior parte bambini. E il resto della comunità? Passiamo di casa in casa a invitare le persone che conosciamo… che poi non vengono o rimangono a sbirciare da lontano. Ma sicuramente c’è qualcosa di invisibile all’opera. Mi immagino questa energia di sogno che passa di casa in casa, nei commenti e nelle conversazioni della gente: “Hai visto oggi quelli con le magliette rosse? Hanno chiesto anche a te un sogno? E tu, che gli hai detto?”.

 

La cura: i sogni che prendono forma


È arrivato il momento di prendersi cura dei sogni e trasformarli in un progetto. Si tratta innanzitutto di verificare quale sogno catalizza maggiormente le energie delle persone e capire la fattibilità delle tre ipotesi emerse nella fase precedente. Intanto cerchiamo anche risorse e talenti, perché abbiamo una sfida! E cosa c’è di meglio di una sfida collettiva per mettere in moto le persone?

 

Avremo 4 giorni per realizzare il sogno, solo con risorse provenienti dalla comunità – dagli attrezzi, alle materie prime, al cibo. Continuiamo ad allargare la rete di relazioni e conosciamo muratori, persone che si offrono di cucinare, chi ha la passione delle piante; cominciamo a raccogliere donazioni di cibo, attrezzi e materiali che sicuramente serviranno.

 

Concludiamo questa fase con un incontro pubblico di progettazione della Quadra da Comporta, che è lo spazio scelto per i 4 giorni di azione. Per progettare la piazza, abbiamo preparato dei plastici su cui i partecipanti realizzano insieme veri e propri modellini: ci sono scivoli, altalene, attrezzi da ginnastica e un orto collettivo.
Chiudiamo l’incontro con una danza circolare e abbracci a raffica… l’entusiasmo si accompagna a una leggera inquietudine. Non sappiamo cosa succederà. Ce la faremo a fare tutto in 4 giorni? E soprattutto: siamo davvero riusciti a coinvolgere México70? Ci sarà qualcuno domani mattina con noi?

Il miracolo: materializzare sogni

 

Non sono solo eroi e santi che fanno miracoli. Ci sono anche miracoli che avvengono quando le persone mettono insieme talenti, risorse ed energie: improvvisamente anche ciò che sembra impossibile diventa realizzabile.

 

A México70 in quattro giorni abbiamo completamente trasformato una piazza e un campo da calcio: un parco giochi, tavoli e panchine costruiti da zero; un’intera piazza completamente ripulita dalla spazzatura; il campo da calcio ridipinto, un muro lungo e grigio coperto di murales; un orto condiviso e un giardino dove prima c’erano solo sterpaglie e rifiuti… Riguardare le foto del prima e del dopo mi riempie di soddisfazione per il gran bel lavoro fatto da comunità e guerrieri insieme.

 

I miracoli sono successi davvero: miracolo è quando cerchi delle piante e trovi un giardino intero; quando siamo tutti accaldati e sudati e improvvisamente compare un filtro per l’acqua potabile che qualcuno ha collegato al rubinetto di casa. È arrivare al mattino e vedere persone già al lavoro prima di noi; è Tota che fa la guardia di notte perché nessuno tocchi il cemento ancora fresco; è vedere Ataídi, fino a quel momento restio a partecipare, prendere la zappa e scavare le buche per piantare gli alberi; è riuscire a materializzare tutti i sogni che erano nel plastico. È vedere persone trasformate, Paulo che piange per l’emozione, sentire la gente dire “questo è nostro e ora dobbiamo prendercene cura”.

Di feste e ri-evoluzioni

Ovviamente dopo aver lavorato duro si festeggia! Siamo stanchi e felici. Ma c’è anche un po’ di tristezza perché sappiamo che sono gli ultimi giorni nella comunità, e molti di noi sono preoccupati: cosa succederà dopo che ce ne saremo andati?

 

È esattamente la domanda che guida il passo della ri-evoluzione. Noi abbiamo innescato un processo che da ora è nelle mani della comunità. Lo sguardo apprezzativo, i sogni e l’azione accendono una scintilla che sfida il senso di impotenza del “tanto non cambierà mai nulla”, dimostrando che non è vero: in 2 settimane possiamo costruire relazioni e trasformare una piazza intera senza soldi e solo con le risorse e talenti del posto. È un successo tangibile che alimenta l’energia per andare avanti, come comunità, a gestire progetti via via più impegnativi e a lungo termine.

 

Organizziamo una serata aperta per parlare dei prossimi passi e di come prendersi cura della Quadra da Comporta. Al tavolo dove sono seduta io si decide di sistemare un’altra piazza il fine settimana successivo: in quattro e quattr’otto è pronto il gruppo Whatsapp e si comincia a organizzare il recupero di materiali e risorse. Ormai il meccanismo è chiaro, e l’energia è tale che sembra non esserci limite a quello che si può realizzare!

 

L’Istituto Elos offrirà 6 mesi di supporto nella facilitazione, per aiutare la comunità a consolidare quello che è successo in queste due settimane.
Noi guerrieri invece non assisteremo a queste trasformazioni: sono gli ultimissimi giorni di programma, e il ritorno a casa si avvicina. È tempo di pensare alla nostra ri-evoluzione personale!

 

I prossimi passi


Ma prima… la celebrazione
: se ho potuto partecipare a questa esperienza di enorme apprendimento e trasformazione è grazie alle tantissime persone che mi sostengono in tante forme diverse. È un gran privilegio e mi riempie di gratitudine! Sono grata anche per le persone speciali che ho conosciuto, con le quali spero di continuare a materializzare sogni.

 

E la ri-evoluzione? È ancora in corso! Un’idea che sicuramente voglio esplorare è come integrare Città in Transizione e Oasis Game, ma ho diverse idee e progetti che stanno maturando e che porterò avanti durante il Caminho da Expansão, 6 mesi di supporto che l’Istituto Elos offre a chi partecipa al GSA. Quel che è certo è che ho molta voglia di mettere in pratica quello che ho imparato! Un passo alla volta: sguardo apprezzativo, affetto, sogno…